L’Avvento e il Natale del Signore
Domenica 3 dicembre abbiamo iniziato un nuovo anno liturgico con il tempo dell’Avvento. Il tempo liturgico si innesta sul tempo degli orologi e dei calendari e ne mette in risalto la sua qualità di tempo propizio per assimilare la piena libertà che nostro Signore ci ha donato venendo in mezzo a noi, facendosi uomo come noi. Il tempo senza rito, infatti, misurato dai calendari e dagli orologi, nel modo di vivere di noi occidentali europei appare sempre scarso e insieme prolisso. Quando facciamo i nostri programmi, quando dunque calcoliamo i tempi prima di viverli, ci accade d’essere facilmente spaventati dalla scarsità del tempo: esso pare sempre mancare. Quando invece di fare i programmi facciamo le cose, ci accade d’essere facilmente annoiati, dal tempo che pare non finire mai. A titolo di esempio, pensiamo al tempo di ascolto di una lezione, oppure al tempo di partecipazione a una Messa. L’aspetto scarso del tempo si riferisce alle esigenze del fare: esso manca sempre per rapporto alle troppe cose che noi abbiamo da fare. L’aspetto prolisso del tempo è legato invece alla nostra esteriorità rispetto all’opera delle nostre mani: proprio perché l’occupazione delle mani non occupa lo spirito, lo spirito vaga altrove e non vede l’ora che finisca quell’opera. Ma davvero troppe sono le cose che dobbiamo fare? Oppure troppe soltanto sembrano? Forse il difetto non è nel tempo cronologico di cui disponiamo, ma nella disposizione del nostro spirito per rapporto alle cose da fare. Abbiamo eccessive attese nei confronti dell’opera delle nostre mani, dei risultati che quell’opera dovrebbe produrre; per rapporto all’eccesso delle attese il tempo a disposizione appare sempre scarso; finisce, prima che noi abbiamo portato a compimento la nostra opera. In realtà non sono troppe le cose da fare, ma sono altre: “ Marta, Marta, tu ti preoccupi e ti agiti per molte cose, ma una sola è la cosa di cui c’è bisogno. Maria si è scelta la parte migliore, che non le sarà tolta”, così Gesù corresse la sorella ansiosa (Lc 10, 41). Il tempo di Avvento è destinato a correggere la disposizione dell’animo di Marta, che fa apparire il tempo sempre scarso. Esso mira a correggere la superstizione delle opere da fare e a rivolgere da capo la nostra attenzione alla parte migliore, l’ascolto della parola di Dio. L’ascolto necessario è, più precisamente, quello della sua promessa: essa dice di una nostra salvezza, che non dipende dalle opere delle nostre mani, ma dalla fede nella sua parola fattasi carne in Gesù di Nazareth, il Figlio di Maria. L’ascolto della promessa, quando sia vero e cordiale, ha l’effetto di cambiare la qualità dell’opera delle nostre mani. Essa cessa d’essere un progetto da realizzare, diventa invece un’obbedienza che cerca conferma nel sorriso di Dio. Il tempo liturgico dell’Avvento è quello che privilegia appunto la meditazione su questo aspetto della vita cristiana, non il compimento della nostra opera, ma l’ascolto della sua parola e l’obbedienza ad essa. La conversione che Giovanni il Battista predica nel deserto è appunto quella all’attesa della sua venuta; lasciate le città e la concitazione delle loro opere, i figli di Israele sono chiamati a preparare nel deserto la strada a Colui che deve venire. L’altra figura esemplare del tempo di Avvento è Maria, la Madre del Signore e sua serva, che vuole soltanto una cosa, che avvenga di lei secondo la sua parola (cfr. Lc 1, 38); ella serbava tutte queste cose meditandole nel suo cuore (cfr. Lc 2, 19), cercava il senso religioso delle cose vissute e non i risultati raggiunti. Il rischio che incombe su tutti noi è che, scoraggiati dalla vacuità del tempo presente, a poco a poco e in maniera quasi insensibile abdichiamo all’attesa; cerchiamo così di sottrarci alla fatica del tempo e della speranza. Proprio la contrazione delle nostre attese entro l’orizzonte del presente rende il tempo della nostra vita più fragile e precario. L’Avvento- con i suoi riti, con i suoi momenti di preghiera personali e comunitari e con i suoi tempi di meditazione- ha voluto ravvivare la nostra percezione di questo rischio e renderci vigilanti contro di esso. Deve riaccendere la nostra attesa, ma non nel compimento delle nostre fatiche, ma della manifestazione dell’opera del Signore. Buona conclusione dell’Avvento e buon Natale!
Don Eros