23 Novembre 2024
Parola del Parroco

Anno Domini 2020

Anno del Signore 2020: un anno indimenticabile per la storia e fin quando avremo l’uso della ragione, per ciascuno di noi. Un anno incancellabile come lo è Dio per la storia e per ciascuno di noi; nonostante tutto e tutti, noi credenti, infatti, non possiamo non “fare memoria”, nell’oggi e per sempre, della presenza di Dio accanto a noi.
Passerà la pandemia e questo terribile virus, ma non passerà né Dio e ce lo auguriamo profondamente, non cancelleremo la nostra fede personale e non cancelleremo, in comunità, la nostra fede condivisa tra figli e figlie amate tutte da Dio.
Anno del Signore 2020: un anno sofferto e tragico per Bergamo, l’Italia e il mondo e naturalmente per tanti di noi e per tutti noi, perché chi più chi meno, ha dovuto soffrire e riassestare diversamente la nostra normalità con enormi sforzi emotivi e morali, ma è un anno del Signore, che non lascia indifferente la nostra stessa comunità parrocchiale e, casa tra le case, ci siamo accorti che ne è stata “contaminata”.
Ad Ossanesga, come in tutte le comunità cristiane, ci siamo trovati davanti ad un tempo completamente nuovo, inimmaginato e che ha fatto emergere tutto quello che siamo e ha aperto le nostre ferite ed evidenziato le nostre fatiche, ma aperto sane opportunità per analizzare e riflettere, accendere e riavviare la nostra attività pastorale. In estate abbiamo ripreso la vita liturgica e sacramentale e a settembre abbiamo riprovato, come al solito, a riprendere l’anno catechistico con i percorsi della fede per le giovani generazioni.
Ma la domanda è sul tavolo: si continuerà con il nostro schemino classico? Riprendiamo come se nulla fosse successo?
Sul tavolo troviamo domande e temi molto più ampi: come saranno le nostre comunità parrocchiali dopo la pandemia? Nel prossimo futuro? Come sono e saranno le nostre famiglie? Come saranno i nostri cammini? I nostri oratori? I nostri volontari?
Tante domande che ci spiazzano e ci incatenano nell’incertezza e fors’anche nella sfiducia; ma per ripartire, obbligatoriamente e inizialmente, ci dobbiamo porre e chiedere non tanto: “cosa fare?” quanto: “Come essere?”
Siamo bergamaschi e ci portiamo il timbro di grandi lavoratori e che pensano primariamente al fare, ma, in questo contesto, è impossibile “fare” se non è accompagnato da una mente lucida e un cuore aperto.
Si dovrà fare tutto come prima? Cancelliamo immediatamente i pensieri che questo tempo ci ha sbattuto in faccia? Ci si rimette in moto così a tentoni e sprovvedutamente?
A livello morale, spirituale, parrocchiale cosa è successo? Come verrà declinato il nostro futuro nei prossimi mesi e anni?
Cogliamo i segnali e quali segni? Il virus è stato un tsunami che ha distrutto qualcosa? In parte? Tutto? Ma vigili e saggi in questo tempo non si colgono anche nuovi germogli? Nuove semine?
È utile e credo provocante ed educativa, l’immagine simbolica della sapienza del contadino: egli vede i nuovi germogli, ma non li tocca; i semi una volta seminati, non il contadino, ma i semi “lavorano” e guai a toccarli e saggiamente vanno lasciati crescere!
Successivamente interviene il contadino quando il frutto lo consente. Non quando vuole lui, ma quando il frutto si concede e il contadino accoglie!
Ancora un buon contadino deve stare attento a bagnare perché rischia di annegare e distruggere; e ancora, ahimè, in mezzo ai germogli cresce altro…erba, fiori, zizzania e quindi c’è bisogno di un intervento accurato e certosino….
Recuperiamo la sapienza del contadino vivendo queste stagioni in attesa fiduciosa e circospezione per come e quando intervenire.
Occhio, quindi, all’impazienza o ai calcoli affrettati e definitivi.
Occhio a non lasciarsi prendere dal quietismo e nemmeno dalla pigrizia.
Valutiamo e incarniamo proposte di speranza che si radicano nella fiducia in Dio e nella sua efficacia, perché il regno di Dio non è questione di organizzazione oppure di efficienza, ma semplicemente di accoglienza.
Invito i consigli pastorali, i nostri generosi collaboratori e volontari, comunità tutta a muovere i giusti passi della normalità, senza esagerare in scelte innaturali oppure a caso, senza criterio e senza letture dell’accaduto e analisi obiettive.
Sana pastorale è stare nella storia come Gesù, che ha condiviso in toto quella precisa parte umana che era la sua terra e le sue concrete persone e non ha immaginato un’opera evangelizzatrice sganciata dal vissuto e lontana da volti umani concreti.
Auguro un Santo Natale e un rinnovato e felice Anno Nuovo a tutti chiedendovi di assumere i “panni del contadino”.
Impariamo e pratichiamo in parrocchia la virtù della fraternità perché “è ora di fraternità”; Gesù stesso pur essendo stato figlio unico è diventato fratello non di una cerchia ristretta tra il parentado e il clan, ma si è fatto fratello e compagno di viaggio di tutti e tutti in Lui hanno riconosciuto il Dio cristiano dell’Amore.
Gesù nostro “divin fratello” ci accompagni e aiuti noi, cristiani di Ossanesga, ad amarlo, oggi e sempre, per essere luce di speranza e casa di fraternità.

Don Carlo